Al Salone dei Pagamenti un confronto aperto sulle professioni del futuro. Le opportunità che la tecnologia apre nel settore dei payment, ma anche le competenze e gli approcci che i giovani devono maturare per cogliere le nuove opportunità in un mondo che sarà sempre più gestito dalle macchine. Nella convinzione che «l'unico modo per predire il futuro, è inventarlo», come dice Massimo Temporelli, "papà" del FabLab e moderatore della sessione sul lavoro di domani  del 23 novembre - ore 9.00, che ha lo scopo di guardare avanti... 

Di Mattia Schieppati

 

Da una parte c’è il mondo in continua ebollizione delle start-up e degli startupper, delle idee messe alla prova dal fare impresa (secondo i dati dell’European Startup Monitor in Italia ogni nuova impresa digital genera, se sopravvive ai fatidici primi due anni di attività, 7,4 posti di lavoro), e che nell'ambito specifico dei pagamenti e delle soluzioni Fintech mostra una creatività molto spiccata.

Dall’altra c’è un orizzonte più ampio, che va oltre il concetto del “trovare un impiego” qui e ora, e ci interroga quotidianamente su come stanno cambiando – e cambieranno in maniera sempre più accelerata – gli scenari del mondo del lavoro, quali saranno le professioni che i 15enni di oggi saranno chiamati a svolgere, consapevoli del fatto che fino a meno di dieci anni fa mestieri come il social media manager o il data scientist nemmeno esistevano, o erano gergo per pochi iniziati.

Una sessione sul capitale umano

Elemento chiave, che anticipa e vincola qualsiasi discussione, è comprendere come il sistema educativo e formativo attuale debba cambiare per rispondere alla rivoluzione in atto. Insomma, ci vorrebbe la sfera di cristallo. Oppure, ci vuole «l’ottimismo realista», così lui stesso lo definisce, di Massimo Temporelli, fisico, innovatore, divulgatore scientifico e, tra le altre tante cose, presidente e co-founder di The FabLab. «Di fronte a questi interrogativi, rispondo citando una frase di Alan Curtis Kay, un maestro, grazie al quale esiste il mouse e l’interfaccia grafica attraverso la quale dialoghiamo con il nostro pc: l’unico modo per predire il futuro è inventarlo».

Una sfida aperta ed esaltante, che “atterrerà” al Salone dei Pagamenti nella mattinata di giovedì 23 novembre in occasione di una particolare sessione dal titolo “Le professioni del futuro”, che Temporelli è chiamato a moderare e vedrà come ospiti esponenti dell’industry bancaria e dei pagamenti che quotidianamente operano sulla frontiera dell’innovazione (qui i dettagli). L’intenzione è «provare a scavare nel presente per intravedere il domani, riflettere sulle possibilità che il digitale e il binomio tecnologie-finanza, possono aprire ai giovani, per renderli già oggi consapevoli delle opportunità professionali che si stanno aprendo per loro e indicare come possano valorizzare le proprie competenze», spiega Maria Teresa Ruzzi, responsabile di ABIEventi.

Un tema cruciale, che parte da un dato significativo: nel nostro Paese il “digital mismatch”, ovvero il gap tra domanda e offerta di competenze Ict è stimato in 135.000 posti di lavoro da qui al 2020. La tecnologia è un abilitatore di nuovi lavori, insomma, ma mancano teste preparate a svolgerli. La mattinata di lavori, organizzata in collaborazione con Feduf e Museo del Risparmio, parte da un dato di fatto: le nuove modalità di gestione delle transazioni e l’avvento di nuovi sistemi di pagamento vivono una forte esigenza di professionalità nuove, che stanno trasformando organizzazioni e processi aziendali consolidati da decenni nel mondo bancario e finanziario. Il mondo del payment offre insomma un “caso di studio” interessante, per chi guarda alle professioni del futuro, perché è un tema di scenario, ma con risvolti molto pratici, che toccano la vita quotidiana di tutte le persone. Concretezza che viene portata "in diretta", al Salone, grazie allo Student Clash, una sorta di hackathon dal titolo “The Future of Payments”, organizzato in collaborazione con Reply, che metterà in sfida 250 progetti per nuove piattaforme di pagamento proposti dagli studenti di quattro università (guarda il video di presentazione).

Una nuova visione: pensare per progetto

«È importante che il Salone dedichi uno spazio ai giovani e al loro futuro, che lo faccia in maniera aperta, andando al di là degli steccati di ambiti e competenze, e che finalizzi il tutto a una sorta di “messa in pratica” delle idee», osserva Temporelli. «Più che dare la ricetta delle discipline da mettere nel corso di studi, deve crescere nei ragazzi la consapevolezza che dovranno essere loro stessi a progettare la propria professione, qualunque essa sia. La tecnologia ha ampliato gli orizzonti e c’è uno spazio nuovo, vergine, per inventare, progettare, immaginare. Dalla finanza all’artigianato, non c’è un ambito che non sia stato o che non verrà toccato da questo cambiamento. La rivoluzione digitale non riguarda questa o quella professione, riguarda la propensione di ciascuno di noi a confrontarsi con un mondo nuovo, che noi stessi ci stiamo costruendo. Avessi 14 anni, non potrei immaginare situazione migliore per giocarmi le mie carte».

Ecco l’ottimismo pragmatico. Smontando diversi luoghi comuni e fior fiore di ricerche e classifiche sulle “professioni del futuro”, che orientano sempre l’attenzione verso discipline scientifiche e competenze tecniche, Temporelli parte da una visione più alta, più aperta. Perché certo, per affrontare la sfida di questo nuovo mondo digitale in cui sono nati e cresciuti i ragazzi devono coltivare nuove skill, «ma non si tratta banalmente di imparare la programmazione, il coding, l’analisi dei dati», dice. «Queste sono tutte competenze quasi superate: cose che ormai le macchine stanno imparando a fare da sole, meglio e più rapidamente di noi. Inutile perderci tempo. Piuttosto, bisogna acquisire la capacità del design thinking, del pensare per progetto, del comprendere l’ecosistema in cui siamo immersi. I 16-18enni di oggi sono coloro che, da oggi e per i prossimi anni, avranno il compito di ridisegnare il mondo: non possiamo permettere che un compito così olistico sia affidato unicamente agli ingegneri, ai programmatori, agli scienziati. Servono piuttosto filosofi, storici, psicologi, artisti. Se guardiamo a come si stanno sviluppando l’Intelligenza artificiale e il machine learning, è chiaro che a breve avremo macchine in grado di “pensare”, ovvero di combinare secondo una sequenza logica e lineare i dati. L’uomo però continuerà a fare la differenza perché ha una dote unica, non automatizzabile: è capace di immaginare». È come se, dopo tre rivoluzioni industriali (l’ultima, quella cosiddetta dell’Industria 4.0, tuttora in corso), fossimo tornati al Rinascimento, a un concetto aperto di “scienza”. «È arrivata al capolinea l’era dell’iperspecializzazione», conclude Temporelli, «e si riaprono spazi per coloro che sanno ragionare per contaminazione, in maniera sistemica. Servirà una preparazione interdisciplinare, fatta di cultura solida e di curiosità: avremo bisogno di gente come Leonardo da Vinci, come Galileo Galilei».

L'appuntamento del 23 novembre al Salone è per i ragazzi (chissà se in sala ci sarà qualche "da Vinci"), ma anche per tutti coloro che vogliono guardare al futuro con occhi nuovi. E, magari, trovare già qualche spunto per innescare il futuro nel presente. Non mancate!