Un report della Banca Mondiale fa il punto sull’evoluzione dei pagamenti e sul forte aspetto inclusivo di un sistema affidabile, accessibile e sicuro. Che vede al centro gli intermediari finanziari e i payment services provider …

di Giovanni Medioli 

Ci sono voluti due anni di
lavoro, da aprile 2014 ad aprile 2016, per il Comitato per i Pagamenti e le
Infrastrutture di Mercato (CPMI) della Banca Mondiale per definire come
l’accesso ai sistemi di pagamento, in un mondo che le tecnologie cambiano con una
rapidità straordinaria, sia un elemento essenziale per l’inclusione
finanziaria. O, in altre parole, come il grado di libertà economica in un mondo
globalizzato dipenda anche dalla facilità, dai costi e dal grado di sicurezza
con cui tutti i cittadini, anche quelli socialmente ed economicamente più
deboli, possono pagare, essere pagati e conservare il loro denaro.
Lo studio Payment Aspects
of Financial Inclusion (84 pagine reperibili in rete – clicca qui)
afferma due cose non così scontate.  

La prima è che un
sistema di pagamenti al dettaglio affidabile, accessibile e sicuro è un elemento
essenziale per una maggiore inclusione finanziaria
. I cittadini che non
hanno pieno accesso a un sistema di questo genere sono socialmente svantaggiati
rispetto a quelli che lo hanno. Un tema che riguarda, ovviamente, la comparazione
e la competizione fra paesi: i cittadini di nazioni che offrono sistemi di
pagamento migliori sono anche quelli economicamente e socialmente più
avvantaggiati. Secondo il CPMI il grado di accesso ai sistemi di pagamento
dovrebbe diventare un indicatore socioeconomico da prendere in considerazione
nel momento in cui si fanno le classifiche sul grado di sviluppo e di libertà
economica delle nazioni. Ma non solo: anche all’interno delle stesse nazioni
sono quelle che garantiscono una maggior diffusione dei sistemi di pagamento a
tutti gli strati della società che hanno un più elevato grado di inclusione
finanziaria. In molti paesi non pienamente sviluppati non c’è soltanto una
differenza di accesso ai pagamenti fra grandi aziende e semplici cittadini, ma,
per esempio, una differenza di accesso ai pagamenti fra grandi e piccole
aziende. Il che costituisce un grave danno al grado di libertà economica di
quelle nazioni perché ostacola (se non impedisce) la possibilità di sviluppo
delle piccole e medie imprese sul mercato, scoraggia la lotta ai monopoli e la
libera formazione dei prezzi di beni e servizi.
Fin qui un punto di vista
originale ma non sorprendente da parte di un organismo della Banca Mondiale,
che è un’agenzia dell’ONU con obiettivo principale la lotta contro la povertà e
l’organizzazione di aiuti e finanziamenti agli stati in difficoltà.  

Più importante, da parte del
CPMI, la seconda affermazione contenuta nello studio: la libertà di
accesso a un sistema avanzato di pagamenti, indipendentemente dalla tecnologia
e dai canali utilizzati per effettuare questi pagamenti, richiede la
possibilità di avere un conto di pagamento
. Ossia un servizio finanziario
(che include anche i sistemi di moneta elettronica e i conti prepagati) che
permette di spendere, incassare e conservare moneta sempre in maniera
affidabile, accessibile e sicura. E un conto di pagamento, per essere tale,
deve risiedere presso una banca o un altro “fornitore regolamentato di servizi
di pagamento” o PSP, Payment Services Provider (per esempio un sistema
di carte di credito, le poste, un’assicurazione, ecc.). Perché solo se la
gestione del sistema di transazioni è in mano a un fornitore regolamentato,
indipendentemente dal titolo di pagamento utilizzato (bonifici, moneta elettronica,
compensazioni, anticipi a fronte di garanzie: l’elenco potrebbe andare avanti a
lungo), ci può essere certezza e sicurezza che il singolo pagamento e l’intero
sistema di pagamenti sia affidabile e sicuro.
Ovviamente questo non
significa in alcun modo uno stop o un altolà allo sviluppo di tecnologie di
pagamento sempre più sofisticate e innovative, ma significa che i fornitori di
tecnologie, se vorranno affermarsi anche come fornitori unici di servizi di
pagamento dovranno diventare PSP, ovvero diventare a loro volta intermediari
finanziari e sottoporsi alle regole che questi devono rispettare. Regole che
nel frattempo, sulla spinta delle tecnologie che cambiano, possono anche
evolversi, ma che non possono assolutamente fare a meno di rispettare una parità
di accesso ai sistemi di pagamento, incasso, conservazione del denaro a cui i
PSP sono tenuti nei confronti dei clienti.
Il documento del CPMI si
spinge ancora più avanti nel definire i benefici della diffusione dei conti
di pagamento
, che definisce “portali” (gateway) necessari per la diffusione
di ulteriori servizi finanziari ai cittadini e alle imprese, per esempio in
termini sia di credito che di welfare (previdenza, assistenza sanitaria,
sostegno al reddito, ecc.).  

In
sostanza il documento non dice che i PSP possono utilizzare i conti di
pagamento come strumenti per la vendita di altri servizi finanziari alla
clientela, ma sottolinea come l’accesso almeno a  un conto di pagamento
sia una condizione necessaria per poter accedere al mondo dei servizi
finanziari. E un cittadino che non ha accesso ai servizi finanziari è meno
libero di chi invece lo ha, non tanto in termini di ricchezza immediatamente
disponibile quanto in termini di creazione e accumulo di ricchezza futura.