Dopo Alipay, anche WeChat Pay avvia la colonizzazione del mercato occidentale dei pagamenti. Con una potenza di fuoco che fa impallidire i "nostri" Apple Pay e Android Pay. Sull'onda dei turisti d'oltre-Muraglia, ecco come cambiano gli equilibri nel mondo dei mobile payments. Uno scenario globale iperdinamico, che sarà al centro della seconda edizione del Salone dei Pagamenti, in programma al MiCo di Milano dal 22 al 24 novembre ...

«Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur». Ovvero (la frase, diventata motto, è dello storico latino Tito Livio), mentre a Roma i senatori si perdevano in chiacchiere senza costrutto, la città di Sagunto – ultimo baluardo “occidentale” – sotto assedio da otto mesi venne infine espugnata da Annibale. E la seconda Guerra Punica fu così inevitabile.

Facendo un balzo in avanti di quasi 2.200 anni, e guardando le traiettorie dei soggetti che si stanno muovendo sullo scacchiere dei mobile payments a livello globale, pare proprio di poter sintetizzare la situazione con le stesse parole dello storico della Roma che fu. Mentre Stati Uniti ed Europa guardano al proprio ombelico, e misurano senza sosta successi e avanzamenti dei soggetti che nel nostro immaginario sono “gli” attori di questo grande scenario (Apple e Samsung su tutti), si è forse un poco perso di vista l’avanzare discretamente silenzioso ma determinato e determinante di due soggetti che hanno le carte in regola per cambiare davvero le regole del gioco. La scorsa settimana è stato annunciato lo sbarco in Europa di WeChat Pay, il sistema di pagamento integrato nella social app WeChat del colosso cinese Tencent. Uno sbarco inevitabile, che risponde alla mossa dell’altro gigante orientale, Alipay, le piattaforma di mobile payments di Ant Financial Services Group, società che fa capo al dominus dell’e-commerce Alibaba. Due soggetti in più a spartirsi la sostanziosa torta, presente e futura, dei pagamenti da smartphone? Non è solo questo. A far comprendere quanto per la nostra “Sagunto” qualcosa stia per cambiare sono i numeri.

Gli piace vincere facile?

Se sommiamo gli utenti che utilizzano i tre principali mobile wallet occidentali, Apple Pay, Samsung Pay e Android Pay, arriviamo a poco più di 150 milioni. Tanti? Certo, se si considera che questa innovazione è arrivata sui nostri telefoni da meno di due anni ed è ancora in piena fase di espansione. Numeri ridicoli, se si guarda a Oriente: Alipay conta 450 milioni di utenti attivi ogni mese. WeChat Pay 600 milioni. Per un totale di oltre un miliardo di utenti, quasi 10 volte tanto. È evidente che se soggetti del genere, dopo aver colonizzato il proprio Paese e parte del Sud-Est asiatico, mettono piede in Europa e Stati Uniti, qualcosa cambierà e in maniera significativa negli equilibri della monetica digitale.  

Strategie di espansione

Sia quella di Alipay che di WeChat sono strategie intelligente e commercialmente “soft”. L’interesse dichiarato è quello di portare il proprio servizio lì dove i turisti cinesi viaggiano, soggiornano, fanno acquisti. Sono 135 milioni, secondo i dati della World  Tourist Organization delle Nazioni Unite, i cinesi che ogni anno fanno turismo fuori dai confini del loro Paese (il doppio dei turisti statunitensi, per dire). E sono loro i turisti più “spendaccioni”, 261 miliardi di dollari tra alberghi, spostamenti, ristoranti e naturalmente shopping, tanto shopping: ogni cinese in viaggio spende una media di 1.900 dollari durante il suo tour, media che si alza a 3.000 dollari per coloro che scelgono l’Europa (con relativo e molto più oneroso shopping nelle luccicanti vie della moda di Parigi, Londra e Milano). Altro elemento, la Cina ha praticamente “saltato” l’epoca delle carte di credito in formato plastic card. La rivoluzione dei costumi (anche tecnologici) e dei consumi è stata talmente accelerata che centinaia di milioni di persone sono passate dall’uso del contante direttamente ai sistemi di mobile payment da smartphone: ecco perché i due colossi che in Cina monopolizzano da un lato il mercato dell’e-commerce (Alibaba) e dall’altro l’ossessione per i social network e l’instant messaging (WeChat) hanno avuto gioco facile nel convogliare i propri utenti su wallet di pagamento proprietari. Generando un flusso di transazioni enorme, tanto che ciascuna delle due realtà a stretto giro ha dato vita a una propria banca (MYBank per Alibaba, Webank.com per Tencent).  

Mentalità mobile e niente barriere

Per la stragrande maggioranza dei cinesi pagare significa avvicinare lo smartphone a un lettore contactless, e quando vanno all’estero si aspettano di trovare lo stesso tipo di servizio. Ed ecco che i loro angeli custodi dei pagamenti li seguono oltre confine, con un duplice effetto: continuano a gestire le (sostanziose!) transazioni dei loro connazionali, e soprattutto stanno rapidamente colonizzando il tessuto degli esercizi commerciali occidentali: se una boutique ha a disposizione i sistemi di pagamento Alipay o WeChat Pay ha molte più probabilità di essere scelta dal viaggiatore cinese per i suoi acquisti. Con questo atout, è quasi facile convincere i negozianti a implementare i due nuovi player. Non solo: sia Alipay che WeChat Pay sono andati oltre quella divisione quasi religiosa che ancora imprigiona player come Apple o Android. I sistemi cinesi sono compatibili con tutti i tipi di sistema operativo (Android, iOs, BlackBerry, Symbian, Windows), niente barriere e divisioni settarie, il che rende davvero universale e inarrestabile l’avanzata, e fa sembrare ancora più spuntate le armi con cui si danno battaglia due soggetti come Apple e Samsung, per esempio, troppo legati, da questo punto di vista, a una richiesta di appartenenza del loro pubblico che rischia di indebolire la crescita complessiva.  

Con le spalle coperte

Inoltre, Alipay e WeChat Pay possono contare su un vantaggio geostrategico non da poco: sanno di poter condurre la loro avanzata sul mercato occidentale senza troppo preoccuparsi di doversi coprire le spalle. In patria giocano infatti in regime di inscalfibile duopolio: 54% del mercato dei mobile payments è di Alipay, 40% di WeChat Pay, con un 7% di briciole suddivise tra altri operatori. Il che significa che mentre loro seguono l’onda dei turisti cinesi in Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia colonizzando il tessuto commerciale occidentale, è molto più complicato per un player come Apple o Android mettere a punto una strategia di penetrazione sul mercato cinese e convincere gli 1,2 miliardi di utenti otre-Muraglia ad abbandonare il loro sistema di mobile payment “locale” per passare – per esempio – ad Apple Pay. E impegnarsi in una campagna di penetrazione per conquistare una porzione di quel 6% di utenti che non stanno con uno dei due colossi sarebbe davvero antieconomico.

L’Occidente si aggrega

Più si allarga lo scenario, più si intravedono le logiche secondo cui si muovono le diverse pedine sulla scacchiera dei pagamenti. E il Salone dei Pagamenti organizzato dall’ABI a Milano il prossimo 22-24 novembre sarà l’occasione giusta per fare il punto su queste strategie globali attraverso la voce dei protagonisti. Movimenti che vanno tutti nella direzione di un progressivo rafforzamento dei player in campo, spinti dalla necessità di costruire masse critiche capaci di giocare ad armi pari o quasi. Può essere letta in questa chiave, ad esempio,  l’acquisizione lo scorso aprile, per 920 milioni di euro, di VocaLink da parte di MasterCard, che si porta così in casa la società britannica che sviluppa sistemi di pagamento e che processa il 90% delle buste paga e il 70% delle bollette domestiche del Regno Unito. O, decisamente più eclatante, l’acquisizione – qui parliamo di 10 miliardi di dollari – di WorldPay, colosso UK della gestione dei pagamenti a oggi controllato da Andvent International e Bain Capital, da parte del diretto competitor statunitense Vantiv, un’aggregazione motivata ufficialmente dalla strategia di ottimizzare le economie di scala e costituire un gruppo di riferimento e solido in vista delle sfide globali nel settore dei pagamenti.