Ai microfoni del Salone dei pagamenti Roberto Magnifico
di LVentures (unico operatore di venture capital quotato in Italia) e di LUISS
Enlabs, il più grande incubatore d’Europa sopra la Stazione Termini, a Roma
 … 

Fino al 2013 Roma non era una città attrezzata per creare
start-up. Poi, nel 2013, vicino alla stazione Termini è nato Enlabs, il primo
acceleratore capitolino con 130 metri quadrati di spazio per le nuove imprese
nascenti. Oggi Roma è la seconda città italiana per produzione di start-up dopo
Milano, LUISS Enlabs, l’incubatore/acceleratore della LUISS ha assorbito a
inizio luglio 2016 tutti i piani superiori della Stazione Termini e con i suoi
5.000 metri quadrati è probabilmente lo spazio dedicato alle start-up più
grande d’Europa. Alle spalle LVentures, l’unico operatore di venture capital
quotato in Borsa in Italia: 40 le start-up partecipate con un investimento
medio di 120 mila euro l’una, 6 milioni di euro investiti direttamente, 16,3
milioni di capitali di terzi attirati sulle start-up partecipate,
complessivamente più di 500 posti di lavoro creati ex novo. Una storia di successo che ci racconta
non senza un certo orgoglio Roberto Magnifico, socio
e amministratore di LVenture Group, advisor e mentor di LUISS Enlabs, partner
di InnovActionLab e presidente del gruppo di business angel Angel Partner
Group. Insomma una vita dedicata alle start-up dal 2008. 


Start-up e Fintech sempre di
più insieme viaggiano …

È un settore in enorme
espansione soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, ovviamente lo seguiamo
con molta attenzione e interesse: a livello globale ha raccolto investimenti
per oltre 5 miliardi di dollari solo nei primi tre mesi del 2016, che
confrontati con i 100 milioni investiti nel 2015 in Italia danno un’idea del
gap. Fino ad ora non abbiamo seguito nessun progetto specifico in questo
settore ma potremmo dare un annuncio in questo senso prima della fine
dell’anno.   

Le idee
Fintech nate in Italia che accoglienza hanno trovato?

Credo non particolarmente
clamorosa, perché lo sviluppo della tecnologia applicata alla finanza
difficilmente può avere una dimensione locale: stiamo parlando di un centinaio
di iniziative su oltre 6.000 start-up innovative nate in Italia, e di queste
cento sono convinto non tutte potranno andare avanti senza un consolidamento,
acquisizioni e fusioni. Dobbiamo pensare che l’Italia fa parte dell’Area Euro,
non può pensare di fare da sola. Certo, anche all’interno di quest’area in
realtà ci sono sistemi di regolazione delle attività finanziarie diverse,
malgrado i tentativi di armonizzazione della Bce e della Bri. Una start-up nel
settore Fintech deve essere in grado di muoversi in un ambito ultra
regolamentato, con regole di mercato molto stringenti, è molto difficile che
possa farlo con successo senza far parte di un sistema che la supporta: l’idea imprenditoriale
deve necessariamente passare attraverso accordi con i soggetti che già si
occupano di questo tipo di attività. Senza un partner specializzato ha poco
senso investire non solo per la start-up ma anche per chi, come noi, la
sostiene finanziariamente. Noi come LVentures ci stiamo muovendo in accordo con
il gruppo BNL-BNP Paribas che è molto attento a queste realtà. Ma mi risulta
che tutti i grandi gruppi bancari nazionali stiano ponendo molta attenzione a
quello che succede nell’innovazione finanziaria». 

Per quanto invece riguarda
l’applicazione di forme finanziarie innovative al mercato delle start-up, come
vi ponete?

Credo che anche qui ci sia
qualche mito da sfatare. Per esempio si è parlato moltissimo di equity
crowdfunding, ed è un bene che se ne parli perché attira l’attenzione. Ma
quanto conta in realtà sul mercato delle start-up italiane? Poco o nulla,
malgrado le 16 piattaforme lanciate. In realtà il processo di sviluppo è molto
più complesso: si continua a parlare di investire sulle idee. Noi, in realtà,
investiamo sulle persone, sulle loro competenze, sui team che dimostrano di
saper funzionare. Il finanziatore, a sua volta, o ha lui le competenze per
capire le potenzialità di un progetto e del team che lo porta avanti, o butta via
soldi. Il puro brokeraggio, come è l’equity crowdfunding, semplicemente non
funziona. Questo, però, alle persone va spiegato. E ci vogliono anche persone
in grado e che abbiano voglia di capirlo. 

Secondo lei l’idea di un
Salone dei Pagamenti che metta insieme tutti i soggetti coinvolti nella filiera
dell’innovazione è utile?

Non utile, fondamentale. Tutti i
momenti di aggregazione dei soggetti coinvolti, che discutano dei problemi
sotto diversi punti di vista e che aiutino a capire un contesto francamente non
sempre molto semplice, sono assolutamente i benvenuti. Se questo mondo, il
mondo delle nuove imprese, avrà un futuro è perché riuscirà a farsi ascoltare
da chi può permettergli di sopravvivere e svilupparsi, prima di tutto la
politica e il mondo finanziario, quello che può investire, dunque le banche,
che possono avere un ruolo fondamentale.