L’innovazione che non parte da un’analisi della customer experience rischia di non dare frutti. Oltre a guardare avanti, banche e circuiti di pagamento devono guardarsi intorno e considerare il digital come un servizio. Se ne è parlato alla sessione del Salone dei Pagamenti “#ITempiCorrono – Quanto i clienti sono pronti” (nella foto Federico Ferrazza di Wired)

 

Chi corre di più, l’offerta oppure la domanda? Le banche, gli Over the top e i circuiti di pagamento, oppure le persone, i cosiddetti clienti, che nella vita di tutti i giorni danno ormai per scontato il fatto di avere a disposizione, per effettuare acquisti e pagamenti, soluzioni digitali semplici da usare, rapide e sicure? Il tema portato al centro del Salone dei Pagamenti in occasione dell’incontro #ITempiCorrono – Quanto i clienti sono pronti, pare una riedizione in chiave contemporanea del celebre quesito: è nato prima l’uovo o la gallina?

Nel contesto dei servizi di pagamento digitali, non si ragiona per primi e ultimi, per chi corre più e chi meno: o si corre insieme oppure l’innovazione resta una parola vuota. Questa la sintesi più realistica che dà la linea degli interventi che si sono succeduti, e che partono da una constatazione: “I sistemi di pagamento sono sempre stati portatori di innovazione, anche molto prima che esistesse il web”, spiega introducendo l’incontro il direttore di Wired, Federico Ferrazza, “e il mondo bancario-finanziario continua a giocare un ruolo importante su questa frontiera: basti pensare che i pagamenti digitali oggi, in Italia, riguardano un quarto dei consumi complessivi”.

Un ruolo da pionieri che continua a sollecitare il mondo bancario e finanziario, ma che oggi deve prendere le mosse da presupposti nuovi, diversi, ineludibili: “Non si tratta di fare una classifica su chi vince questa gara”, entra subito nel vivo Fabrizio Fornezza, presidente di Eumetra Monterosa, ma di comprendere le caratteristiche che l’innovazione nel campo dei pagamenti deve avere per poter correre insieme ai clienti. L’innovazione è tale se migliora da subito la vita del cliente, se mantiene le sue promesse giorno dopo giorno, se è semplice dal punto di vista cognitivo, e se è in grado di integrarsi con le soluzioni già esistenti. È un errore pensare all’innovazione come a una stratificazione successiva. Deve essere un’integrazione progressiva”.

Correre insieme significa anche, come propone Edoardo Fontana Rava, Direttore Sviluppo di Banca Mediolanum, “sviluppare tecnologie funzionali all’esperienza del cliente. Troppe volte si pretende invece di forzare l’experience nella direzione dell’innovazione, ma questo non funziona, come dimostra il fatto che, fino ad oggi, non abbiamo per esempio assistito al boom dei digital wallet. Oggi i clienti sono più critici, più consapevoli, più evoluti, più capaci di scegliere. O siamo in grado di dargli quel che gli serve davvero, o non hanno tempo di rincorrere quelle che noi pensiamo siano innovazioni ma non hanno riscontro rispetto ai loro reali bisogni. La banca è una società di servizi: l’innovazione deve essere inserita in una logica di servizio bancario, in questo modo è vincente”.

Un doppio fronte, sguardo all’innovazione del futuro e innesco dell’innovazione nel presente, che sta nell’evoluzione, per esempio, di Nexi, e portata come testimonianza da Marco Ferrero, Commercial Division Director: “L’esperienza recentissima che noi portiamo, il passaggio da Icbpi/CartaSì a Nexi, entra esattamente in questo discorso: vogliamo essere “next”, ovvero vicini alle banche e agli operatori, ma anche guardare al “next”, all’innovazione continua. Per far crescere l’innovazione a livello di sistema non basta essere una fintech, ovvero disintermediare l’approccio, ma bisogna essere capaci di essere una paytech, perché nel prossimo futuro ogni pagamento sarà digitale, ovvero semplice, sicuro, efficiente”.

Un impegno strategico, culturale, ma se ben considerata e razionalizzata, è la stessa tecnologia a mettere a disposizione gli strumenti per costruire un’innovazione che sia davvero una corsa comune e coordinata. “Come American Express”, osserva Enzo Quarenghi, Vice President – Acquisition and Engagement dell’azienda, “abbiamo i dati comportamentali di 110 milioni di clienti attivi in tutto il mondo. Il compito e l’impegno quotidiano è usare questi dati per rendere fruibili ai clienti quegli strumenti che lui chiede”. Una funzione client-oriented e non solo business-oriented di big e small data, ecco un impegno condiviso che tutti gli attori in gioco devono sempre più assumere, se davvero vogliono fare un’innovazione funzionale. Ma, oltre a mettere al servizio dell’innovazione competenze e tecnologie che già il mondo bancario-finanziario governa, un forte impegno va giocato anche sul fronte dell’educazione del cliente, che non sempre in questa “corsa” verso e con l’innovazione ha gli strumenti per comprenderla, per sfruttarla al meglio. O, magari, anche solo per fidarsi.

Il tema della sicurezza, perché questa corsa non si blocchi al primo giro di pista, deve essere un impegno comune di tutti gli attori in campo. E per questo la discussione chiama in causa Antonio Bosio, Production and Solution Director di Samsung Italia, che subito propone un dato: “in media, per accorgerci che abbiamo perso il portafoglio impieghiamo 6 ore; per accorgerci che abbiamo perso lo smartphone impieghiamo 6 minuti. È una provocazione, ma utile a capire una cosa importante: le aziende, gli operatori del digitale investono molto sulla sicurezza, i sistemi sono sicuri, anche se ovviamente è una sfida continua tra “buoni” e cybercriminali. Quella che deve crescere è la percezione presso gli utenti. È un fatto di educazione che deve crescere e deve essere sempre più condivisa.

Un’educazione alla sicurezza che aumenta la sicurezza stessa dei sistemi: bisogna istruire gli utenti a un corretto uso della tecnologia”.  Educazione che deve riguardare tutta la filiera: “Gli utenti da una parte”, conferma Roberta Gobbi, Financial Instituions Director di SIA, “ma anche gli esercenti, il mondo del retail, che ha un compito importante nella diffusione dei pagamenti digitali”.